Accesso ai servizi

_SPORTELDIPBOZZA

Lo sportello dipendenti ha lo scopo di fornire ai dipendenti consortili uno strumento di facile consultazione al fine di acquisire quelle informazioni utili alla fruizione degli istituti contrattuali in vigore e alla conoscenza delle procedure più comuni che regolano il rapporto di lavoro e la giornata lavorativa.

I dipendenti possono continuare a contattare il servizio personale per tutti i chiarimenti necessari, preferibilmente tramite posta elettronica all’indirizzo email servizio.personale@csac-cn.it; in alternativa o per urgenze al numero di telefono 0171/334.003.

 


 PAGINA IN AGGIORNAMENTO

 

 

   Ferie, festività, riposi e pause
  Ferie, riposi e pause sono istituti normativi che consentono al lavoratore di assentarsi dal posto di lavoro con la finalità di recuperare le energie psico-fisiche e, nel caso delle ferie, anche di curare maggiormente la propria dimensione individuale e familiare. La nostra Costituzione prevede l’irrinunciabilità di ferie annuali e riposi settimanali e la legislazione ordinaria, anche in attuazione di principi dell’Unione Europea, ha esteso lo stesso regime anche alle pause giornaliere.

  La legge prevede che le ferie annuali retribuite non siano inferiori a quattro settimane di cui due consecutive da fruire su richiesta del lavoratore e nell’anno in cui sono maturate (secondo i contratti nel periodo 1 giugno – 30 settembre) e le restanti due entro 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione. Come detto, le ferie non sono rinunciabili e non possono nemmeno essere monetizzate, se non in caso di risoluzione del rapporto di lavoro e limitatamente a quelle non godute. Sono escluse dalla retribuzione i compensi per lavoro straordinario, le indennità che richiedono l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa e quelle corrisposte con cadenza inferiore alle dodici mensilità. I contratti collettivi prevedono una durata diversa delle ferie annuali a seconda che il lavoro si svolga su 5 o 6 giorni: nel primo caso le ferie sono di 26 giorni lavorativi, nel secondo di 32 lavorativi; in entrambi i casi sono comprese le due giornate riconosciute dalla l. n. 937/1977. questa quantificazione complessiva è raggiunta al compimento del terzo anno di servizio presso una pubblica amministrazione; nel periodo precedente i giorni di ferie, a seconda dei giorni in cui si svolge il lavoro sono di 26 e 30. Come già detto, la malattia sospende le ferie. Le ferie sono interrotte in caso di malattia del figlio che richieda ricovero ospedaliero per i periodi previsti dall’art. 47 del d.lgs. 151/2001 Qualora le ferie siano interrotte per ragioni di servizio, al lavoratore spetta il rimborso delle spese per il viaggio di rientro e per quello di ritorno in ferie e di quello delle spese anticipate per le ferie non godute. I Contratti nazionali di comparto prevedono anche l’istituto delle Ferie e riposi solidali che possono essere cedute, su base volontaria, da lavoratori che abbiano ferie in eccedenza rispetto a quelle obbligatorie non godute ad altri lavoratori che abbiano esigenze di assistenza a figli minori, per particolari condizioni di salute.
  Tra le festività riconosciute vanno segnalate il Santo Patrono del comune nel quale si presta servizio, purché cada in giornata lavorativa. Altre festività riconosciute sono:
  • feste religiose cattoliche di precetto: Pasqua di Resurrezione; Santa Madre di Dio (1 gennaio); Epifania (6 gennaio); Assunzione di Maria Vergine (15 agosto); Tutti i Santi (1 novembre); Immacolata Concezione (8 dicembre); Natale (25 dicembre);
  • feste civili: Anniversario della Liberazione (25 aprile); Festa del lavoro (1. maggio); Anniversario della Repubblica (2 giugno). -
  • altri giorni di festività civili e religiose, ma non di precetto: il lunedì dopo Pasqua (dell’Angelo); il 26 dicembre (S. Stefano);
  • la festa del Santo Patrono nelle singole località.
  Possono essere fruite entro l’anno o, se non fruite, danno diritto alla relativa retribuzione le cosiddette festività soppresse in occasione delle ricorrenze di: San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini San Pietro e Paolo.
  La legge prevede che al lavoratore sia riconosciuto per ogni sette giorni, un riposo settimanale di durata non inferiore alle 24 ore, normalmente coincidente con la domenica e da sommare alle ore di riposo giornaliero (pari a 11 ore consecutive ogni 24 ore). La durata del riposo settimanale è calcolata come media per un periodo non superiore a quattordici giorni: il che significa che ogni quattordici giorni le ore di risposo settimanale devono comunque essere almeno 48. Lo stesso d.lgs. 66/2013 prevede i casi in cui la disciplina generale può essere derogata (ad esempio in caso di turni) e i casi in cui il riposo settimanale possa non coincidere con la domenica.
  La pausa giornaliera di durata non inferiore ai dieci minuti, ma che i contratti collettivi estendono fino a 30 minuti, spetta al lavoratore in caso di orario giornaliero superiore alle 6 ore ed ha lo scopo di recupero di energie e per consumare il pasto. La pausa può essere fruita anche sul luogo di lavoro.

 

 

   Tutela e sostegno alla maternità e alla paternità
  La normativa di tutela si sviluppa in base ai principi costituzionali principalmente con riferimento alla condizione di gravidanza e puerperio della lavoratrice e trova una prima disciplina nell’art. 2110 del codice civile che accomuna queste ipotesi di tutela a quelle di malattia e infortunio. L’evoluzione sociale e soprattutto una maggiore attenzione al coinvolgimento anche dei maschi nella cura dell’infanzia ha determinato in tempi relativamente recenti l’approvazione di una disciplina che, a fronte di una tutela specifica e privilegiata comunque riconosciuta alle lavoratrici, detta previsioni analoghe anche a favore del lavoratore ed estende inoltre la tutela anche alle ipotesi di adozione e affidamento. La durata delle astensioni per congedo si applica anche ai lavoratori part-time con riproporzionamento del trattamento economico.
           
  La disciplina di fondo mira a tutelare lo stato di benessere e salute della madre e del bambino nel periodo a monte e a valle del parto, garantendo l’astensione dal lavoro durante i due mesi precedenti e i tre successivi (2+3). Naturalmente non essendo certa la data del parto i cinque mesi di astensione obbligatoria possono aumentare in ragione dell’eventuale ritardo rispetto alla data presunta. L’eventuale ricovero del neonato al momento della nascita sospende a richiesta il periodo di astensione obbligatoria fino al rientro nella casa familiare. Alle lavoratrici è riconosciuta la libertà di modificare la decorrenza dell’astensione obbligatoria dalla previsto regime 2+3 ad uno basato sulla regola del 1+4. L’art. 17 del d.lgs. 151/2001 individua le ipotesi in cui la ASL o la Direzione territoriale del lavoro possono disporre l’anticipazione della data di astensione di un ulteriore mese. L’interruzione di gravidanza, comunque avvenuta, è considerata malattia ai fini dell’applicazione della relativa disciplina. Il congedo di maternità spetta anche in caso di adozione o affidamento a partire dall’ingresso del bambino nella casa familiare e, nei casi di adozione internazionale può essere fruito anche per le visite all’estero al minore prima del suo ingresso in Italia.
  La tutela della lavoratrice madre si estende a tutta la fase della gravidanza e l’art. 14 del d.lgs. 151/2001 prevede il diritto a Permessi retribuiti per ogni tipo di esame prenatale
  In tutti i casi in cui la madre (anche se lavoratrice autonoma) non possa occuparsi del bambino (morte, malattia, abbandono, affidamento esclusivo al padre), l’astensione dal lavoro, alle stesse condizioni esaminate sopra, spetta al lavoratore. Nelle ipotesi di adozione e affidamento il lavoratore ha diritto all’astensione se non richiesta dalla lavoratrice e solo per i permessi all’estero delle adozioni internazionali, il congedo è riconosciuto al lavoratore anche se la madre non sia lavoratrice.
  Il diritto ad assentarsi dal luogo di lavoro è riconosciuto a entrambi i genitori fino al compimento del dodicesimo anno del bambino per periodi frazionati o continuativi non superiori ai sei mesi in caso di presenza di entrambi i genitori o ai dieci mesi in caso di presenza di un solo genitore. Il diritto decorre per la lavoratrice dal termine dell’astensione obbligatoria e per il lavoratore dalla nascita del figlio: la fruizione può essere su base oraria o giornaliera. Il congedo parentale per i due genitori da fruire in modalità alternativa è esteso a tre anni in caso di minore con handicap grave: limitazioni e deroghe sono previste in caso di ricovero a tempo pieno in istituti specializzati. In caso di adozione o affidamento, il congedo parentale può essere fruito per un periodo di dodici anni dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.
  Nel periodo di congedo per maternità e per paternità, i contratti collettivi nazionali di comparto riconoscono alla lavoratrice o al lavoratore l’intera retribuzione fissa mensile, inclusi i ratei di tredicesima ove maturati, le voci del trattamento accessorio fisse e ricorrenti, compresa l’indennità di posizione organizzativa, nonché i premi correlati alla performance secondo i criteri previsti dalla contrattazione integrativa ed in relazione all’effettivo apporto partecipativo del dipendente, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e delle indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute.
  Fino al sesto anno di vita del bambino, il trattamento economico in caso di fruizione del congedo parentale è pari al 30% della retribuzione; fino all’ottavo anno la stessa indennità è dovuta solo in condizioni di reddito previste dall’art. 34 del d.lgs. 151/2001. Nelle ipotesi di adozione o affidamento il trattamento economico è riconosciuto entro i sei anni dell’ingresso del bambino in famiglia. Nell’ambito del congedo parentale, i contratti collettivi prevedono per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, che i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero come previsto per i congedi di maternità e paternità. I genitori lavoratori, anche adottivi o affidatari, con rapporto di lavoro, sia a tempo pieno che a tempo parziale, possono fruire anche su base oraria dei periodi di congedo parentale, secondo la disciplina prevista dai contratti collettivi per i permessi retribuiti.
  Successivamente al congedo per maternità o di paternità e fino al terzo anno di vita del bambino, alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri il contratto collettivo riconosce trenta giorni per ciascun anno computati complessivamente per entrambi i genitori, di assenza retribuita. Fino ai tre anni di vita del bambino, entrambi i genitori possono assentarsi per la durata della malattia del figlio in modo alternato. Per i figli che si ammalino tra i tre e gli otto anni, ogni genitore può assentarsi per un massimo di cinque giorni lavorativi all’anno. Le ferie sono interrotte in caso di malattia del figlio che richieda ricovero ospedaliero per i periodi previsti dall’art. 47 del d.lgs. 151/2001. Il congedo spetta anche in caso di adozione e affidamento con le regole stabilite dall’art. 50 del d.lgs. 151/2001.
  I periodi di assenza per congedo parentale o per malattia del figlio, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice.
  Durante il primo anno di vita del bambino, alla madre, o in alternativa al padre nelle ipotesi previste dalla legge, sono riconosciuti due permessi giornalieri di un’ora (cumulabili in caso di orario di lavoro è inferiore alle sei ore) considerati a tutti gli effetti attività lavorativa, durante i quali il genitore può anche allontanarsi dal luogo di lavoro. La finalità dei permessi è quella di garantire le esigenze affettive e nutritive del bambino e possono essere dimezzati in caso di asilo nido istituito dal datore di lavoro nel luogo di lavoro o nelle immediate vicinanze. In caso di parto plurimo, a prescindere dal numero dei gemelli, i periodi di riposo sono raddoppiati e per la parte eccedente possono essere fruiti anche dal padre.

 

 

   Diritti e dignità della persona con handicap
  Assistenza a persona che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione
       
  Il lavoratore che abbia una relazione familiare prevista dall’art. 33 della l. n. 104/1992 e che assista una persona con handicap grave anche non convivente che non sia ricoverata a tempo pieno ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito anche in maniera continuativa. I contratti collettivi prevedono che tali permessi sono utili ai fini del calcolo delle ferie e della tredicesima e possono essere utilizzati anche a ore nel limite di 18 ore. Di norma la richiesta va fatta con una programmazione mensile Il diritto non può essere riconosciuto a non più di un lavoratore per la stessa persona. Ogni lavoratore può assistere anche più persone a condizione che siano nella relazione familiare prevista dall’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 33 del d.lgs. 104/1992.
  Per l’assistenza a figli entro il terzo anno di vita, può essere chiesto il prolungamento del congedo di astensione facoltativa oppure, in alternativa, due ore di permesso giornaliero retribuito. Per l’assistenza allo stesso figlio, anche oltre il terzo anno di vita, il diritto ai tre giorni di permesso mensile può essere riconosciuto a entrambi i genitori, anche adottivi, che ne fruiscano alternativamente, anche continuativamente nell’ambito dello stesso mese. Questi congedi si sommano ai congedi parentali (v. Tutela e sostegno alla maternità e alla paternità).
  Il lavoratore in situazione di grave handicap può fruire dei permessi esaminati sopra.

 

 

   Congedi per eventi e cause particolari
     
  La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. I contratti collettivi di comparto prevedono che in caso di lutto anche del convivente ex l. n. 76/2016, i giorni siano fruibili per vento e possano essere fruiti entro sette giorni lavorativi dal decesso. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa. I dipendenti per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate dal DPCM 278/2000 possono fruire di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni.
  Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.

 

 

   Aspettative e permessi per motivi personali e familiari
  I permessi di cui parliamo in questa sezione sono aggiuntivi a quelli già esaminati a proposito dei permessi per eventi e cause gravi. Con essi condividono la fonte che è rappresentata dal contratto collettivo; da essi si differenziano per il fatto di riguardare esigenze di conciliazione vita/lavoro non necessariamente legate ad eventi gravi come quelli esaminati in quella sezione.
           
  Questi permessi orari previsti dai contratti collettivi possono essere concessi a domanda e compatibilmente con le esigenze di servizio. Si tratta di 18 ore di permesso retribuito nell’anno, per particolari motivi personali o familiari che non riducono le ferie, non sono fruibili per frazione di ora, sono valutati agli effetti dell’anzianità di servizio, non possono essere fruiti nella stessa giornata congiuntamente ad altre tipologie di permessi fruibili ad ore, previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, né con i riposi compensativi di maggiori prestazioni lavorative fruiti ad ore. Inoltre, possono essere fruiti, cumulativamente, anche per la durata dell’intera giornata lavorativa, ma in questo caso il monte ore a disposizione del dipendente è convenzionalmente pari a sei ore; possono essere cumulati con la fruizione, nel corso dell’anno, dei permessi giornalieri previsti dalla legge o dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Durante questi permessi orari al dipendente spetta l’intera retribuzione, compresa l’indennità di posizione organizzativa, esclusi i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario, nonché le indennità che richiedano lo svolgimento della prestazione lavorativa. I permessi possono essere fruiti anche da lavoratori part-time e in questo caso si procede al riproporzionamento delle ore di permesso.
  Il lavoratore ha diritto a 15 giorni consecutivi di permesso che possono essere fruiti entro 45 giorno dalla data del matrimonio; questi permessi non riducono le ferie e danno diritto all’intera retribuzione, compresa l’indennità di posizione organizzativa, escluso straordinario e indennità che richiedono lo svolgimento della prestazione lavorativa.
  Per poter fruire di questa aspettativa prevista dai contratti collettivi, il dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato deve farne formale e motivata richiesta e l’aspettativa può essere concessa compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio; si tratta di aspettativa senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio. Per calcolare il triennio si applicano le medesime regole previste per le assenze per malattia (v. malattia, periodo di comporto). Questa aspettativa può essere fruita anche frazionatamente ed i relativi periodi non sono presi in considerazione ai fini del calcolo del periodo di comporto. Se l’aspettativa è richiesta per l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, questi periodi (che non sono utili ai fini della retribuzione e dell’anzianità), sono utili ai fini degli accrediti figurativi per il trattamento pensionistico.
  Per consentire una maggiore flessibilità nella fruizione delle ore di lavoro straordinario o supplementare i contratti collettivi hanno previsto che presso ogni amministrazione sia istituita la banca delle ore, con un conto individuale per ciascun lavoratore. Nel conto individuale il lavoratore può far confluire le ore per prestazioni di lavoro straordinario o supplementare, debitamente autorizzate, entro un limite complessivo annuo individuale stabilito in sede di contrattazione integrativa. Queste ore possono essere retribuite oppure fruite come riposi compensativi ad ore o in modo cumulato per la durata di una giornata lavorativa, per le proprie necessità personali e familiari, fermo restando che le maggiorazioni per le prestazioni di lavoro straordinario o supplementare sono pagate il mese successivo alla prestazione lavorativa. L’utilizzo come riposi compensativi avviene compatibilmente con le esigenze di servizio.
  I permessi a recupero funzionano secondo una logica inversa a quelli della Banca delle ore: infatti in questo caso il permesso è recuperato dalla prestazione successiva, mentre per i permessi della Banca delle ore il permesso recupera la prestazione (straordinaria o supplementare) già erogata. Il dipendente, a domanda, può assentarsi dal lavoro previa autorizzazione del responsabile dell’ufficio presso cui presta servizio. Questi permessi non possono essere di durata superiore alla metà dell’orario di lavoro giornaliero e non possono comunque superare le 36 ore annue. La richiesta del permesso deve essere effettuata in tempo utile e, comunque, non oltre un’ora dopo l’inizio della giornata lavorativa, salvo casi di particolare urgenza o necessità, valutati dal responsabile. Il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate entro il mese successivo, secondo le modalità individuate dal responsabile; e in caso di mancato recupero, la retribuzione sarà decurtata in proporzione alle ore non recuperate.

 

 

   Assenze per diagnosi, esami e terapie di stati di malattia
  I contratti collettivi in modo coerente al dettato costituzionale che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, attraverso il riconoscimento di specifici permessi garantisce al lavoratore di assentarsi dal luogo di lavoro non solo in caso di malattia accertata e certificata nella sua fase attiva, ma anche per poter svolgere visite, esami e terapie (soprattutto nei casi più gravi) in periodi in cui il lavoratore possa nella sua vita quotidiana contemperare l’impegno lavorativo con l’esigenza di tutelare il suo stato di salute. A queste esigenze il contratto nazionale dedica due norme specifiche.
   
  I contratti collettivi introducono la possibilità per i lavoratori di fruire su base sia giornaliera che oraria di specifici permessi nella misura massima di 18 ore annuali, per svolgere visite, prestazioni specialistiche, terapie ed esami diagnostici. Nelle 18 ore vanno ricompresi anche i tempi di percorrenza da e per la sede di lavoro. Trattandosi di permessi esplicitamente funzionali a queste esigenze, il monte orario di 18 si aggiunge a quello dei permessi per particolari motivi personali e familiari, ma non possono essere cumulati nella stessa giornata e, trattandosi di permessi fruibili anche cumulativamente nella stessa giornata, non sono assoggettati alla decurtazione prevista dalla legge per i primi 10 giorni di malattia, a meno che non vengano fruiti su base giornaliera (v. malattia). Il loro ammontare invece contribuisce al computo del periodo di comporto fino a un massimo di 3 giornate. Non è più consentito utilizzare le assenze per malattia ai fini dell’espletamento delle visite e degli esami diagnostici, tranne nel caso in cui vi sia concomitanza tra l’espletamento di visite e o l’effettuazione di terapie od esami diagnostici e la situazione di incapacità lavorativa temporanea del dipendente, conseguente ad una patologia in atto.
  La tutela normativa ed economica prevista dai CCNL previgenti per le assenze dovute a gravi patologie richiedenti terapie salvavita ed altre ad esse assimilabili, secondo le indicazioni dell’Ufficio medico legate dell’Azienda sanitaria competente per territorio (emodialisi, chemioterapia, ecc.), viene estesa anche alle assenze relative agli effetti collaterali delle suddette terapie. In tali giornate il dipendente ha diritto in ogni caso all’intera retribuzione prevista.

 

 

   Malattia
         
  Presupposto del riconoscimento dello stato di malattia è la certificazione medica che deve essere rilasciata dal medico curante o da una struttura sanitaria pubblica. Lo stato di malattia sospende le ferie Lo stato di malattia deve essere comunicato tempestivamente all’ufficio competente dell’amministrazione di appartenenza all’inizio della giornata lavorativa o del turno; nella stessa comunicazione deve essere precisato l’indirizzo al quale è possibile reperire il lavoratore ammalato per la visita di controllo che per richiesta del datore di lavoro o per iniziativa della stessa INPS può essere svolta fin dal primo giorno dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 di tutti i giorni compresi quelli festivi o non lavorativi. Durante gli orari, il lavoratore deve garantire la reperibilità presso l’indirizzo comunicato, tranne che nelle ipotesi previste dall’art. 4 del DPCM 17 ottobre 2017, n. 206, o qualora debba recarsi a visita medica, accertamenti specialistici o altri giustificati motivi: in tali ipotesi, occorre darne immediata e preventiva comunicazione all’amministrazione. In caso di assenza alla visita di controllo, il lavoratore è tenuto a recarsi alla visita ambulatoriale fissata dal medico fiscale; qualora il lavoratore rifiuti l’esito della visita fiscale deve far annotare il rifiuto sul verbale del medico e recarsi alla visita presso l’Ufficio medico dell’INPS per la diagnosi definitiva. Qualunque mutamento della situazione iniziale (mutamento di indirizzo per la reperibilità, prolungamento della malattia) deve essere comunicato all’amministrazione. Il lavoratore può rientrare al lavoro per guarigione anticipata, ma deve farsi rilasciare un certificato medico sostitutivo che attesti la fine dell’alterazione patologica
  Il lavoratore assente per malattia ha diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, con le seguenti differenze: - il periodo di prova è sospeso per la durata della malattia per un periodo massimo di sei mesi, decorso il quale il rapporto può essere risolto. - superato il periodo di prova, il lavoratore assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per 18 mesi (periodo di comporto), sommando tutte le assenze per malattia verificatesi nei tre anni precedenti a partire dall’ultimo episodio morboso; ulteriori 18 mesi possono essere concessi in casi gravi e previo accertamento delle condizioni di salute. Al termine di questo ulteriore periodo se il lavoratore è riconosciuto inidoneo a svolgere le mansioni proprie del profilo è adibito a mansioni diverse nell’organizzazione o se è riconosciuto inidoneo a svolgere qualsiasi attività lavorativa, l’amministrazione risolve il rapporto di lavoro secondo le procedure previste dal dpr. 27 luglio 2011, n. 171; le stesse misure compresa la sospensione cautelare dal servizio in casi di particolare gravità e pericolo stabiliti dal citato dpr possono essere adottate anche prima dell’esaurimento dei periodi di comporto. - Una disciplina specifica è dettata dalla legge 14 dicembre 1970, n. 1088 che, all’art. 11 prevede che-le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di conservare il posto ai lavoratori subordinati affetti da tubercolosi (T.B.C.) fino a sei mesi dopo la data di dimissione dal luogo di cura per avvenuta guarigione o stabilizzazione, con mansioni ed orario adeguati alle residue capacità lavorative. La conservazione del posto, salvo che disposizioni più favorevoli regolino il rapporto di lavoro, non comporta riconoscimento di anzianità.
  I contratti nazionali stabiliscono il trattamento economico spettante durante I periodi di malattia. In generale la disciplina contrattuale prevede che venga corrisposta: - l’intera retribuzione mensile fissa e continuativa con esclusione di ogni altro compenso accessorio, comunque denominato, per i primi 9 mesi di assenza; nell’ambito di tale periodo, per le malattie superiori a quindici giorni lavorativi o in caso di ricovero ospedaliero e per il successivo periodo di convalescenza post ricovero, al dipendente compete anche il trattamento economico accessorio fisso e ricorrente, ivi compresa l’indennità di posizione organizzativa, esclusi i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario, nonché le indennità legate allo svolgimento della prestazione lavorativa; in tale periodo sono computati la giornata del sabato, anche nei casi in cui l’orario di lavoro settimanale sia articolato su cinque giorni, nonché i giorni festivi che ricadono all’interno dello stesso. A questo proposito va però precisato che l’art. 71 d.l. 112/2008 ha previsto che per I primi 10 giorni di ogni periodo di malattia, al lavoratore spetti il solo trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni altra voce avente carattere fisso e continuativo e di ogni altro trattamento accessorio; - il 90 % della retribuzione spettante durante il primo periodo per i successivi 3 mesi di assenza; - il 50 % della retribuzione spettante durante il primo periodo per gli ulteriori 6 mesi; - i periodi di assenza ulteriori non sono retribuiti. I contratti nazionali prevedono anche modalità di corresponsione del trattamento accessorio se e nella misura in cui sia valutato un positivo apporto del dipendente ai risultati, per effetto dell’attività svolta nel corso dell’anno, durante le giornate lavorate, secondo un criterio non necessariamente proporzionale a queste ultime e che ai fini della determinazione del trattamento economico spettante al lavoratore in caso di malattia, le assenze dovute a day-hospital, al ricovero domiciliare certificato dalla Asl o da struttura sanitaria competente, purché sostitutivo del ricovero ospedaliero o nei casi di day-surgery, day-service, pre-ospedalizzazione e pre-ricovero, sono equiparate a quelle dovute al ricovero ospedaliero e ai conseguenti periodi di convalescenza.
  A fronte della disciplina di tutela, l’ordinamento prevede anche un articolato sistema sanzionatorio nelle ipotesi in cui non siano rispettati gli obblighi previsti per legge o, comunque siano adottati comportamenti illeciti o fraudolenti. La disciplina sanzionatoria è contenuta nel d.lgs. 165/2001 e in particolare prevede: - in caso certificazione medica falsa o che falsamente attesti uno stato di malattia, sia per il lavoratore che per il medico e per chiunque altro concorra al falso, reclusione da 1 a 5 anni, multa da 400 a 1000 euro; - inoltre il lavoratore incorre in sanzione disciplinare (licenziamento senza preavviso) e risarcimento del danno patrimoniale arrecato all’amministrazione commisurato alla retribuzione corrisposta a causa del falso e del danno all’immagine arrecato il cui ammontare è definito dal giudice contabile; - il medico coinvolto condannato in via definitiva è radiato dall’albo e se, dipendente pubblico licenziato per giusta causa.

 

 

  Infortunio sul lavoro
  Interessa quel lavoratori che per “causa violenta in occasione di lavoro” subisca un danno quale la morte, l’inabilità permanente assoluta o parziale al lavoro, l’inabilità temporanea totale per più di 3 giorni o un danno biologico. Rispetto allo stato di malattia, l’infortunio sul lavoro richiede che la causa del danno sia esterna al lavoratore, violenta e si sia verificata “in occasione del lavoro” e, quindi, in una condizione strettamente collegata in un nesso di causa/effetto con l’attività lavorativa.
   
  Il lavoratore che subisca un infortunio sul lavoro ha gli stessi obblighi di comunicazione e reperibilità in caso di visite che sono previsti in caso di malattia. La tutela si estende anche in caso di “infortunio in itinere” e cioè l’infortunio che si verifichi durante il tragitto compiuto per raggiungere, dalla propria abitazione, il luogo di lavoro o quello compiuto per recarsi da un luogo di lavoro a un altro o, infine, quello necessario per la consumazione dei pasti in assenza di mensa aziendale. Non viene invece riconosciuto in caso di deviazioni o soste non necessarie o se la guida è fatta in condizioni vietate dal codice della strada (mancanza di patente, non perfette condizioni psicofisiche per assunzione di sostanze, anche mediche, che possano comportare uno stato di non perfetta lucidità).
  In caso di infortunio sul lavoro, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto fino a completa guarigione clinica e i relativi periodi non sono cumulabili ai fine della maturazione del periodo di comporto (v. malattia-conservazione del posto di lavoro). La stessa disciplina si applica anche ai lavoratori in prova. A seguito del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 che ha limitato le categorie di lavoratori cui è possibile riconoscere un trattamento economico specifico per causa di servizio, quest’ultimo è applicato solo per i riconoscimenti ottenuti prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto legge
  In caso di infortunio sul lavoro, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto fino a completa guarigione clinica e i relativi periodi non sono cumulabili ai fine della maturazione del periodo di comporto (v. malattia-conservazione del posto di lavoro). La stessa disciplina si applica anche ai lavoratori in prova. A seguito del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 che ha limitato le categorie di lavoratori cui è possibile riconoscere un trattamento economico specifico per causa di servizio, quest’ultimo è applicato solo per i riconoscimenti ottenuti prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto legge